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Novembre
16
2008

Uno yogurt può cambiare il mondo!

Scritto da TerritoRioT

Per rompere la dipendenza dalle merci, il primo passo fondamentale è quello di riappropriarsi del “saper fare” e rivalutare il lavoro manuale. Perché dobbiamo acquistare qualcosa quando ce la possiamo fare da soli?

La crescita ha bisogno di esseri umani incapaci di fare tutto, così sono costretti a comprare tutto. Il consumismo ha inculcato nelle nostre teste la convinzione che comprare sia facile e “moderno” mentre il fare sia “antico” e una grossa perdita di tempo. Acquistare il pane è più consigliabile, per la maggior parte delle persone, che prepararlo in casa: si risparmia molto tempo.

Tempo per cosa? Ma per lavorare! Si è calcolato che, in media, un uomo lavora ben cinque mesi l'anno solo per mantenere la propria automobile. Automobile che utilizza, per la maggior parte delle occasioni, per raggiungere il posto di lavoro.

Una situazione paradossale che Maurizio Pallante, il principale esponente del “Movimento per la Decrescita Felice”, nei suoi scritti affronta attraverso un semplice esempio: la produzione di yogurt.

Autoprodurre lo yogurt costa pochissimo: se con un euro si può acquistare un barattolino di yogurt spesso scarso e di dubbia provenienza, con molto meno si potrebbe prepararne un litro genuino e di ottima qualità. Se però questa diventasse una pratica diffusa, le industrie del settore, quelle che si occupano di produrre i vasetti, i coperchi di alluminio e le confezioni, le aziende che si occupano dei trasporti, i petrolieri che riforniscono di carburante i camion, tutti subirebbero delle perdite economiche.

Sembrerebbe una catastrofe, aggravata dalla perdita di posti di lavoro che ne conseguirebbe. Ma solo a prima vista: la decrescita punta a diminuire il tempo del lavoro “salariato” per aumentare quello dedicato a ciò che non è definito lavoro, in quanto non remunerato. Non è necessario lavorare otto ore al giorno per avere tutto quello che siamo abituati ad acquistare. Lavorandone la metà potremmo lo stesso ottenere ciò di cui abbiamo bisogno in quanto, nel tempo risparmiato, avremmo imparato a produrcelo.

Perché non è povero chi non riesce a comprare la metà delle cose che un cittadino medio riesce ad acquistare, come vorrebbe farci credere la società dei consumi, ma è povero chi non ha vestiti, cibo, materiale per scaldarsi, chi non ha le cose basilari per vivere! E allora, cessando di lavorare per mantenerci l’auto che ci porta a lavorare, magari ci accorgiamo di poter essere molto più ricchi…