Per un sud che non cala la testa!
APPELLO PER ASSEMBLEA MERIDIONALE DELLE REALTA’ DI MOVIMENTO IL 28 E 29 OTTOBRE A COSENZA
I 5 anni ormai trascorsi sono stati caratterizzati sul piano interno come su quello internazionale da un eccezionale dispiegamento delle politiche liberiste, con una ricaduta catastrofica in termini sociali: la precarizzazione ulteriore del lavoro e della vita, la negazione di garanzie e diritti, i danni provocati al pianeta ed alla salute, il ricorso “preventivo” e continuato alla guerra, lo sfruttamento selvaggio delle risorse umane e naturali in nome dello sviluppo.
Nel Sud, durante questi anni di governo Berlusconi, abbiamo assistito ad un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, con l’aumento della disoccupazione, la crescita della precarietà e del lavoro nero, la ripresa della migrazione interna verso il Nord, l’espansione della popolazione carceraria. Tuttavia, il malessere in cui versa gran parte del sud viene da lontano.
L’assenza storica di una politica economica ed industriale, la permanenza in particolare al Sud di un capitalismo straccione, la compresenza di un’economia criminale diffusa e collusa con la classe dirigente, fa si che l’unico “sviluppo” possibile si realizzi attraverso la filosofia delle grandi opere inutili e devastanti, finanziate con un mare di fondi pubblici e gestite con gli strumenti straordinari del commissariamento. In questo contesto, ad alto impatto per l’ambiente e la salute, vanno inseriti i progetti come il ponte sullo Stretto di Messina, la costruzione di rigassificatori, nuove centrali e degli inceneritori più grossi d’Europa. Nella stessa logica del drenaggio privato di risorse pubbliche si possono leggere le privatizzazioni dei servizi e dei beni, con il concorso trasversale delle forze politiche ed indipendentemente dal colore dell’amministrazione locale (vedi il caso acqua in Campania), mentre sempre più il sud diventa discarica di rifiuti industriali, tossici e nocivi, oppure provenienti dal ciclo del nucleare, come nel caso scongiurato di Scanzano.
Berlusconi ormai è alle spalle, anche se il berlusconismo non è ancora passato, e da questi primi mesi di vita del governo Prodi presumiamo che le difficoltà ed i problemi sono destinati ad aumentare senza una forte opposizione popolare. Il nuovo esecutivo di centro sinistra, sorretto da una risicata quanto litigiosa maggioranza parlamentare, stretto dai vincoli sempre più paralizzanti della globalizzazione neoliberista sulla politica economica, si candida a gestire l’esistente attraverso il ricorso sistematico al ricatto della “responsabilità di governo” e del “rispetto degli impegni internazionali” pur di non rompere alcuna compatibilità. La vergognosa vicenda del rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, con il voto favorevole della cosiddetta sinistra radicale, costituisce un esempio decisivo di continuità anche strategica con il quinquennio berlusconiano, ribadito dall’invio di truppe italiane in Libano, che di fatto vanno a dare il cambio a quelle israeliane nei territori del sud, legittimando l’ ennesima aggressione di Israele e la filosofia della guerra infinita. Una continuità che appare in tutta la sua miseria politica anche dal timido atteggiamento della maggioranza sull’insieme delle peggiori riforme del centro destra, dalla Legge 30 alla Moratti, dalla Bossi Fini alla Giovanardi, fino all’ultimo decreto sull’ambiente. Dopo le roboanti promesse di una tutela sociale da far invidia alla Scandinavia, appare sempre più nettamente la volontà del governo Prodi di effettuare solo parziali modifiche di facciata, guardandosi bene dal mettere in discussione l’impianto complessivo delle politiche neoliberiste degli ultimi quindici anni, puntando a riassorbire per questa via le spinte al cambiamento espresse dalle grandi mobilitazioni popolari di questi anni.
Come prima, dunque, ma con la novità politica tutt’altro che irrilevante di un pieno coinvolgimento (e quindi di una totale ed esplicita subalternità) dei partiti della sedicente sinistra radicale e dei sindacati confederali nell’orbita governativa; attori sociali collettivi, questi utimi, che con molta probabilità si sottrarranno a quel ruolo di opposizione fin qui svolto contro Berlusconi, con il rischio tra l’altro di lasciare spazio ad un’opposizione di destra alla quale AN e gli altri già si candidano, come abbiamo visto nel sostegno alle mobilitazioni di piazza delle corporazioni attaccate dal decreto Bersani sulle liberalizzazioni. Lo sviluppo di un’opposizione del tutto strumentale di stampo fascista e reazionaria capace di far leva sul malcontento ed il crescente disagio sociale, in particolare al sud, potrebbe presentarsi in forme quanto mai pericolose ed inedite di populismo straccione, intrecciando possibili alleanze con organizzazioni criminali e manovalanza varia.
E’ urgente porre con forza la questione di un nuovo meridionalismo conflittuale e di base, nella più generale crisi della rappresentanza emersa in questi anni con l’esplosione di quella grande stagione dei movimenti che dal Marzo 2001 di Napoli arriva alle mobilitazioni contro la guerra, passando per Genova, le grandi lotte operaie alla Fiat di Melfi e di Termini Imerese, le ribellioni contro il ponte sullo Stretto, la discarica nucleare di Scanzano, l’inceneritore di Acerra, la Tav in Val di Susa. Le realtà antagoniste meridionali (centri sociali, comitati, collettivi, sindacalismo di base…) hanno rappresentato un punto di riferimento importante per la promozione, la costruzione ed il sostegno ai conflitti che si sono sviluppati nei territori. Queste realtà, pur con esigue forze, sono state la spina dorsale intorno a cui si è strutturata l’opposizione dei movimenti al sud. Tuttavia, va anche sottolineato che l’attivismo di tante compagne e compagni ha avuto numerosi limiti, e soprattutto ha scontato duramente l’incapacità di creare forme di collegamento stabili ed una progettualità politica condivisa entro la quale muoversi. In tutte queste lotte popolari, pur se in maniera non compiuta e con tempi non lineari, è emerso sulla scena del conflitto quello che potremmo definire un nuovo soggetto politico: le comunità locali in rivolta, che attraverso forme di democrazia ed azione diretta a difesa dei propri territori, hanno sviluppato una consapevole critica del modello di sviluppo, ed affinato le ragioni di un’alternativa radicale. Anche in questo contesto è stato decisivo l’apporto delle realtà antagoniste, anche se siamo stati incapaci di valorizzare su un terreno duraturo di autorganizzazione i risultati prodotti, consentendo ai partiti della cosiddetta “sinistra radicale” di assumerne la rappresentanza politica e gestire la mediazione sul piano istituzionale, assorbendone ed annacquandone il carattere di rottura permanente ed il carico di incompatibilità. Siamo cioè stati incapaci di spingere fino in fondo la critica pratica alla politica ufficiale ed ai suoi apparati, e costituire una reale alternativa politica dal basso, riconoscibile ed autorganizzata.
Alla luce del nuovo quadro politico, in presenza di un centro sinistra sempre più appiattito sulle politiche del centro destra, riteniamo essenziale la ripresa di un confronto chiaro e costruttivo tra le realtà antagoniste del Sud, perchè si tratta di ricostruire, e per certi versi reinventare, l’opposizione sociale. Da quì nasce l’idea, e la proposta, di costruire una grossa assemblea meridionale di movimento il 28 e 29 ottobre prossimo a Cosenza. Una proposta rivolta innanzitutto ai movimenti ed alle realtà di base, ma anche a singoli militanti, ai delusi dai partiti della sinistra ufficiale, a tutti coloro che vogliono contribuire alla rinascita di un’opposizione radicale, antagonista ed incompatibile, capace di essere al tempo stesso soggetto politico di massa e di base al Sud.
Vorremmo parlare di questa necessità, vogliamo mettere al centro di un confronto, che ci auguriamo e speriamo ampio e partecipato, questa ambizione. Perciò abbiamo deciso di dare a questo percorso la massima visibilità e diffusione attraverso gli strumenti di comunicazione indipendenti, ma anche con l’organizzazione di incontri nelle principali città come nella estesa provincia e nei piccoli centri di cui il sud si compone.
Lungi dall’ipotizzare una qualsivoglia scorciatoia localistica a fronte di un sistema sempre più globalizzato, riteniamo però essenziale intrecciare i percorsi delle realtà del Sud, a partire dalla comunanza di problemi e contraddizioni che questi territori sempre più martorizzati presentano. Rilanciare un progetto politico di opposizione sociale al Sud, contribuire alla rinascita di un nuovo meridionalismo di classe, moderno, incompatibile ed alternativo a questo modello di sviluppo, è a nostro avviso il miglior modo per contribuire al rilancio di un’opzione nazionale ed internazionale di resistenza e trasformazione.
Abbiamo scelto Cosenza perché crediamo che chi si batte alla luce del sole per contrastare la precarietà del lavoro come della vita, chi lotta per difendere i nostri territori dalla devastazione ambientale e dalla speculazione politica e/o criminale, chi si organizza per respingere la militarizzazione dei confini ed il razzismo interessato, è un ribelle e non un terrorista. Sono passati 3 anni da quando uno zelante magistrato della procura di Cosenza in cerca di carriera con il sostegno del ROS e con atti raccattati dagli scarti d’archivio di diverse procure che li ritenevano del tutto insignificanti, fece scattare un’assurda inchiesta per associazione sovversiva, che portò all’arresto di molte nostre compagne e compagni rei di aver lottato per un altro Sud fatto di giustizia e solidarietà. Ci incontreremo a Cosenza per ribadire una volta in più la verità, per stare vicino ai nostri compagni e per farlo nel modo migliore: rilanciare insieme a tanti altri la scommessa di un Sud che non cala la testa.
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