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Ottobre
06
2008

Inizia l’autunno caldo dei movimenti territoriali

Scritto da TerritoRioT

27 settembre: manifestazione nazionale contro la discarica di Chiaiano

Un appuntamento importante: insieme alla manifestazione di metà mese a Vicenza, è il primo momento di lotta con cui si apre quest’autunno che, nella consapevolezza dei movimenti di tutt’Italia, si presenta impegnativo e in alcuni casi decisivo.

Già a Vicenza c’erano state le prime avvisaglie dell’atteggiamento intransigente del nuovo governo, che vuole liquidare al più presto ogni contraddizione territoriale come una questione di ordine pubblico. Abbiamo così visto su internet la polizia manganellare signore e ragazzi durante una manifestazione autorizzata di fronte al dal Molin. La manifestazione che ne è seguita giorni dopo, fittissima nella partecipazione cittadina nonostante la pioggia insistente, ha dimostrato nuovamente la capacità di reazione dei vicentini e la loro indisponibilità a farsi intimidire dal nuovo questore, spedito lì col mandato preciso di farla finita coi No dal Molin. Poi la vittoria al referendum cittadino, nuove mobilitazioni di massa a fronte dell’atteggiamento sprezzante di Berlusconi…

Chiaiano si colloca nella stessa contingenza, ma per molti versi è un’altra storia. Entrambi i movimenti hanno come controparte immediata un commissario di governo che segna la continuità tra la legislatura precedente e quella attuale. A Vicenza Paolo Costa, in Campania quel Guido Bertolaso, Capo della Protezione Civile Nazionale, a fare da commissario per la quindicennale emergenza rifiuti, affiancato ora da un generale a proteggere “civilmente” discariche e inceneritori. Una questione in sospeso, quella di Bertolaso con le popolazioni della Campania. Contestato ferocemente lo scorso anno, durante il primo mandato da commissario, aveva capitolato di fronte all’opposizione di comunità come quella di Serre. Oggi torna con tutto il peso dei poteri speciali e della forza militare a regolare i conti: così si sverserà non solo a Serre, ma anche in un’innumerevole serie di siti approntati alla buona, quelli già previsti dal suo vecchio piano più numerosi altri. Anche gli inceneritori si sono moltiplicati: dai due che dovevano essere, oggi arrivano a cinque e bruceranno di tutto. Sì, anche le “ecoballe” marce che sono accatastate in piramide a Giugliano e ad Acerra, monumenti alla civiltà consumistica del rifiuto, quelle realizzate in modo irregolare dalla Fibe-Impregilo e che hanno portato in tribunale insieme all’impresa politici come Bassolino e funzionari vari, anche poliziotti. Quelle che nella combustione faranno più letale il veleno che già normalmente ogni inceneritore emette dai suoi camini. Ma tant’è: con l’emergenza ordinaria si deroga alle leggi e alle norme di salute pubblica, con quella straordinaria stabilita dal decreto 90 per la crisi campana si deroga a ogni limite, anche quello del più elementare buon senso.

E così per le discariche il decreto stabilisce che i rifiuti che andranno in queste discariche possono essere omologati con lo stesso codice Cer (catalogo europei dei rifiuti), e quindi può essere sversato di tutto, anche rifiuti industriali e pericolosi. Si legalizza così quella pratica che per decenni ha fatto della Campania (in primis, ma non solo) il contenitore degli scarti più velenosi prodotti dalle industrie del nord, che col traffico illegale gestito dalla camorra, ma non solo dalla camorra, risparmiavano notevolmente i costi di smaltimento. Giusto quello che stava per succedere lo scorso inverno a Pianura: dopo che per sessant’anni la pancia di un territorio era stata riempita dai veleni peggiori e poi coperta da un tappeto di erbetta a formare strane collinette verdi, e non solo per l’erba, visto il liquido che ne sgorga appena si fa una piccola buca.

Dopo tutto ciò il precedente sceriffo, Gianni De Gennaro, aveva deciso che la giostra ricominciava, in quella periferia popolosa e degradata che sognava la riqualificazione. E ci sono volute barricate, autobus incendiati, lo stato d’assedio e gli scontri per far dire allo stesso che avevano ragione loro, gli abitanti, che a Pianura la situazione è già grave così com’è, che bisogna sollevare il tappeto e mettere il naso nel cocktail di veleni che fermenta la sotto e pensare di buttarne di altri sopra è pura follia. Ma se non lì, da qualche parte tutti ‘sti veleni bisogna pur metterli, anche perché di raccolta differenziata manco a parlarne in quindici anni di emergenza. “Mo’ la cominciamo, sì, ma mica come soluzione definitiva… e sennò st’inceneritori poi che bruciano? No, no… intanto facciamo gli impianti e la differenziata servirà da complemento a inceneritori e discariche”.

D’altronde i rifiuti ormai sono una filiera e non è colpa di Bertolaso né di Berlusconi se gli industriali italiani puntano sul business dell’incenerimento anziché sul riciclaggio.

E dunque Chiaiano!

Eccolo qua l’uovo di colombo! Una vera rivoluzione copernicana: una cava! Di quelle che si vedono nel film Gomorra, col trafficante di rifiuti che le scova per riempirle di merda e poi ricoprirle di terra. Ma vuoi mettere questo lavoro come lo faranno meglio i militari. Che poi già per i militari il “parco delle colline” (già, è un parco!) è zona nota: nella stessa cava c’era un poligono di tiro dell’esercito. E difatti va bonificata, la cava che hanno scelto, perché chi ci va cammina su mercurio, piombo e altri residui tossici accumulatisi sul suolo in quel periodo. Dicevamo la cava che hanno scelto, perché mica è l’unica: sono sette in tutto. E una volta che si comincia… stai a vedere che tempo qualche anno Chiaiano leva a Malagrotta (Roma) il primato di discarica più grande d’Europa che si colloca in pieno centro abitato. Già perché Chiaiano è un quartiere di Napoli, una zona densamente abitata: 200.000 abitanti. Il sito in questione è distante circa un 1 km dal parco del poggio Vallesano, un insediamento abitativo in Marano di Napoli (un comune confinante con Chiaiano). Molte famiglie vivono in abitazioni che affacciano praticamente sulla discarica e potranno gettare i rifiuti direttamente dalla finestra. Per giunta la “cava del poligono” è situata a poche centinaia di metri dal Polo Ospedaliero più grande del sud Italia, con presidi importanti come il Cardarelli o il secondo Policlinico. L’ospedale Monaldi ad esempio, specializzato in malattie infettive, dista solo 1,6 Km dalla potenziale discarica. Eppure, di fronte alla gente che già da maggio scorso è insorta ed ha affrontato le cariche della polizia urlando “jatevenne!”, Bertolaso risponde che non possono, perché è necessario che stiano lì nell’interesse dei cittadini.

E presumibilmente nell’interesse dei cittadini non si tiene conto del parere del Professor Ortolani, dell’università Federico II. Ecco gli argomenti puntuali avanzati dall’esperto a confutare l’idoneità del sito: le pareti della cava di tufo mostrano spaccature evidenti, con rischio di cedimento; nel sottosuolo c’è un bacino d’acqua che serve tutta una parte di città e le fratture nel suolo rendono più certe che probabili le infiltrazioni del percolato…

Ma tant’è: i tecnici dell’Arpac hanno detto che va tutto bene, senza spiegare il perché, ma a priori Bertolaso si fida di loro e non ascolta gli esperti. Questo l’esito del tavolo tecnico istituito dopo gli scontri di maggio, quando si usò questo compromesso come espediente per far uscire i presidianti dalla zona e consentire così l’accesso dei mezzi militari. Una truffa! Di quelle solite che i governanti pongono in essere quando dicono di voler dialogare con le popolazioni locali.

Ma gli abitanti di Chiaiano non ci stanno. Non si avviliscono neppure di fronte alle bugie della televisione, né si spaventano per il solito ritornello diffamatorio sulle infiltrazioni della camorra nella protesta. Il presidio riprende vita alla Rosa dei venti, e vede le due comunità di Chiaiano e Marano unite da una solidarietà mai conosciuta. È la partecipazione che nasce a volte nelle situazioni più disperate e fa germogliare la coscienza collettiva anche dove per decenni tutto sembrava perso e consegnato definitivamente al degrado e all’abbandono. C’è anche il sindaco di Marano con loro, ma nell’assemblea conta quanto gli altri e dall’assemblea riceve il mandato che dovrà seguire scrupolosamente nella sua veste istituzionale, quando si confronta con le autorità di Governo. È una nuova forma di democrazia quella che stanno sperimentando a Chiaiano.

Si preparano, le mamme, i nonni, i bimbi e i ragazzi di Chiaiano. Sono letteralmente assediati da esercito e polizia e sentono sulla testa la minaccia del Decreto 90 che prevede fino a cinque anni di carcere per chi organizza attività volte a minacciare i siti di interesse nazionale (discariche e inceneritori). Ma hanno deciso. Non si faranno schiacciare. Il 27 settembre sfideranno questo Stato tiranno e tutto il suo apparato repressivo. A mani nude e volto scoperto, andranno verso il cantiere dove i militari posti a presidio mostrano minacciosi i loro mitra luccicanti. Non si illudono. Non pensano di farli scappare via così facilmente. Ma pretendono di entrare e verificare se la presunta bonifica del sito, che dovrebbe eliminare i residui tossici del poligono, sia davvero in corso. Tutto lascia pensare il contrario, vista la fretta con cui si è deciso di approntare la discarica. A conferma di ciò il diniego posto da Bertolaso alla richiesta avanzata dal sindaco di Marano di entrare insieme ad una delegazione ed ispezionare il sito. E allora decidono di affrontare lo scontro necessario. Senza la violenza. Ci saranno solo dei caschi e degli scudi a proteggere chi, in testa al corteo, spingerà, avanzerà col corpo esposto ai colpi dei manganelli, gli stessi che già più volte si sono mostrati implacabili a ferire anziani e donne incinta.

La mattina del 27 la situazione si fa subito tesa. L’elicottero vola bassissimo e nuove forze di polizia, carabinieri, guardia di finanza sono convogliate in massa ad aumentare l’assedio. A metà mattina alcuni ragazzi escono dal centro sociale Insurgencia con un furgone che contiene protezioni di gomma piuma e scudi di plexiglas per la tutela del corteo. Arrivano numerose volanti a sirene spiegate, fermano il furgone, scendono gli agenti con mitra e pistole in pugno, fermano i tre ragazzi e li portano in caserma, il furgone è sequestrato. Quando si arriva al concentramento alla metro di Chiaiano l’aria è pesante. La gente alle tre, ora convenuta, è ancora davvero poca e non si sa cosa può succedere. Dalle trombe iniziano gli interventi.

Parla un membro del comitato: “Abbiamo stasera una presenza colossale delle forze dell’ordine, perché probabilmente sono stati avvisati che da queste parti c’è gente che ha un cervello nella testa, c’è gente che riflette, c’è gente che sa prendere posizione… Non vi nascondete sempre dietro a un alibi, ch’è diventato vigliaccheria, che voi prendete ordini, perché prendevano ordini anche quei militari delle SS che bruciavano i bambini. Non sono gli ordini che puliscono la coscienza! La vostra coscienza vi deve guidare anche sotto la divisa, anche sotto l’elmetto! E adesso venite avanti! Picchiateci, compagni poliziotti! Siamo pronti a farci picchiare da voi!”

Il corteo si muove, gli striscioni sono numerosi, ormai sono arrivate le delegazioni dal resto della regione: da Giugliano, da Acerra, da Serre, da Ariano Irpino… tante testimonianze della stessa arroganza subita e di una comune volontà di lotta. Ci sono anche delegazioni da Vicenza, dalla Val Susa, dai Castelli romani dove si lotta contro la volontà di moltiplicare gli inceneritori. A un certo punto un fatto inaspettato: arriva in senso opposto al corteo uno striscione, accompagnato dalla musica di “Va pensiero”, folto di gente che porta palloncini azzurri… è della gente di Marano che di punto in bianco ha improvvisato un suo corteo che venisse incontro a quello più grande. L’eccitazione sale e la determinazione si fa commossa. Il corteo procede come un serpente tra i palazzi e si gonfia ad ogni metro di gente che scende da casa e si unisce al resto della folla urlante.

ABBIAMO-CHIESTO-LA DIFFERENZIATA-CI DANNO-CHIAIANO-MILITARIZZATA!
LA GENTE COME NOI NON MOLLA MAI!
VERGOGNA – VERGOGNA – VERGOGNA!
JATEVENNE!!!

All’imbrunire la folla in marcia è un popolo di diecimila che viene salutato dai balconi e non smette di gridare le proprie ragioni, allegro e disperato. Poi i volti si fanno preoccupati. Il corteo è arrivato di fronte al cordone di agenti già disposti con scudi, caschi e manganelli in pugno. Dietro, una colonna di blindati con gli idranti che puntano i manifestanti. Alle spalle di un gruppo di ragazzi col casco, le signore parlano tra loro, inveiscono, chiamano gli altri “venite avanti…”. Inizia una contrattazione per far passare una delegazione. La questura si dice disponibile e temporeggia. Sono minuti lunghissimi. Quand’è passata mezz’ora il gioco si fa chiaro: la solita presa in giro per aspettare che il corteo si svuoti e disperdere chi è rimasto. Ma la piazza non si svuota e la rabbia si fa più forte della paura. Il corteo avanza, lento e deciso, inizia lo sbattere confuso dei manganelli sui caschi, poi gli scoppi dei primi lacrimogeni, la corsa… qualcuno cade, nessun bambino per fortuna (ce ne sono diversi), ma un anziano si prende una buona dose di botte. La polizia incalza, e solo dopo venti minuti buoni di corse e cassonetti rovesciati per rallentare la furia degli agenti si contano i feriti. Sono diversi, quasi tutti giovani, si premono il ghiaccio sulle fronti aperte. Ci sono dei fermati e il corteo manterrà il blocco stradale finché tutti non sono rilasciati.

Il giorno dopo in televisione il solito teatrino: il montaggio ad arte mostra un petardo scoppiare tra gli agenti prima delle immagini della carica e un commento bugiardo completa la mistificazione. Ma il petardo è stato lanciato dopo le cariche per rallentare gli agenti che non guardavano in faccia a nessuno, chi c’era lo sa. Comunque non c’è tempo per indignarsi: mercoledì arriva Berlusconi a fare il solito annuncio da salvatore della patria. Ultima novità: il quinto inceneritore di Giugliano. Ma a Napoli c’è chi già ha organizzato la contestazione, e nella zona est annunciano la lotta per l’inceneritore previsto lì (il quarto). Nel frattempo a Chiaiano la gente scende di nuovo dai condomini in strada e blocca impavida i mezzi militari diretti alla cava. Viene arrestato l’ex sindaco di Marano e altra gente denunciata: “interruzione di pubblico servizio”.

Intanto sui giornali esce la notizia che a Pianura diverse persone sono messe sotto inchiesta dalla procura di Napoli per gli scontri di gennaio scorso. Non si parla di camorra, almeno questa volta, ma si afferma che ci sarebbero gli interessi della speculazione edilizia dietro le proteste perché con la discarica si sarebbero deprezzati gli immobili e la presenza di forze dell’ordine avrebbe impedito altri abusi. Di quelli edilizi non sappiamo, ma degli abusi nello sversamento dei veleni abbiamo la certezza che sarebbero stati coperti dalle forze dell’ordine. Come succederà ora a Chiaiano, mentre lo stesso impianto accusatorio viene riproposto qui, come un copione che si ripete, a sommare la repressione giudiziaria a quella militare. Ma la gente ormai ha superato la paura. “si, è vero, la discarica la stanno facendo. Ma i camion per questa strada devono passare, e di modi per fermarli ne abbiamo a bizzeffe…”.

A Chiaiano la resistenza continua