La Piana di Gioia Tauro: giardino o cimitero?
Le parole hanno un senso, anche se spesso, la velocità con cui corre il mondo non ce ne fa cogliere l’essenza. Perché si sottolinea PIANA? Perché insieme alla zona di Sibari è l’unico territorio della Calabria pianeggiante, a fronte di una regione aspra, montuosa o collinare, che degrada poi rapidamente verso il mare. È questa la peculiarità che ha consentito nei secoli il fiorire di un’agricoltura di prestigio, benedetta dal clima e dall’assenza di industrie inquinanti, dove i prodotti della natura sembrano arrivare a maturazione senza quasi l’intervento dell’uomo.
La Piana di Gioia Tauro ha visto così l’evolversi di un’agricoltura d’eccellenza che, finalmente, oggi sta ottenendo un riconoscimento sul mercato internazionale: olio, kiwi, clementine ed altri agrumi sono infatti il fiore all’occhiello di un territorio che si presenta come un unico immenso giardino. Per aumentare la qualità di qualcosa che parte già come prodotto di eccellenza, oggi sempre più aziende calabresi stanno riconvertendo al biologico i vecchi sistemi di produzione. Ed il mare e le coste poi, fanno immaginare che, ad un uso intelligente del territorio e ad una programmazione adeguata e conseguente, possa corrispondere un futuro capace di valorizzare le vocazioni turistiche oltre che agricole. La nostra terra non offre molto altro e non occorre essere cime per capire che solo in questa direzione, nella conservazione e valorizzazione del nostro territorio, possa esserci un futuro sostenibile che non faccia scappare i nostri giovani.
Ma questo futuro è già, forse irrimediabilmente, compromesso da scelte politiche che, senza nulla a che vedere con valorizzazione ed implementazione di biologico e turismo, stanno pianificando disastri e morte. Che senso ha, in una regione come la nostra, in un territorio come quello della piana, concentrare un numero elevatissimo di impianti inquinanti che, con il pretesto pretestuoso di energia e rifiuti (il business dell’oggi) stanno riducendo la nostra terra ad un enorme immondezzaio? Come si fa a non capire che inceneritori, centrali di varia natura, discariche a gogò, mega strutture ad alto impatto ambientale e distruttive del sistema idrogeologico nulla hanno a che vedere con i nostri bisogni? Come si fa a non capire che distruggeranno irreversibilmente quel poco di tessuto produttivo che stava venendo fuori e che, solo, può garantire prospettive ai nostri figli? Come si fa a non capire che appena verrà trovata diossina nei nostri olii e nei nostri agrumi, inquinamento nei nostri mari e nei nostri pesci, le spiagge piene di fumi e miasmi di morte nessuno verrà più da noi? Chi acquisterà i nostri prodotti, che da eccellenza diventeranno a rischio, come la mozzarella di bufala campana? È così evidente nella sua linearità, così come altrettanto semplice ed evidente è che ciò che ci stanno imponendo con la forza (prefigurando finanche l’uso dell’esercito), non serve alla nostra regione. Ma molto ha invece a che fare con gli interessi di multinazionali italiane e straniere, sempre in cerca di paesi ricattabili da colonizzare e dove, con due lire ed il miraggio di un posto di lavoro, possono farla da padroni. Basterà seguire la solita trafila, ungere qualche amministratore, accordarsi con i poteri forti, offrire qualche regalia “compensativa” alla devastazione dei territori ed avere così le mani libere per rapinare tutto. E dopo aver spremuto tutto, via da un’altra parte lasciandosi alle spalle il solito deserto di morte e distruzione. Tanto il mondo è grande e qualche paese straccione lo troveranno sempre.
Ma noi qui ci viviamo. Noi da qui non possiamo e non vogliamo andare via. Noi vogliamo un futuro pulito, salute ed una possibilità di lavoro per i nostri figli. Che gli racconteremo? Che non abbiamo fatto nulla, mentre già ad oggi c’è un incremento dei tumori spaventoso ed inspiegabile per un territorio senza industrie? Che abbiamo piegato la testa di fronte alla solita arroganza e prepotenza che governa il nostro territorio per garantire interessi altri, salvo assicurarsene una parte? Come se il figlio del mafioso, del politico, dell’amministratore o del sindacalista, complici e collusi, non respirassero gli stessi fumi dell’inceneritore, non vivessero anche loro sotto l’elettrodotto, non mangiassero frutta, olive ed ortaggi alla diossina. Non rischiassero di essere spazzati via da un sempre possibile guasto al rigassificatore. Come se il figlio del poliziotto o carabiniere, solerte nel manganellare chi cerca di difendere la propria terra, non bevesse la stessa acqua inquinata da percolato di chissà quale natura, in discariche dove finisce di tutto e senza controllo. Per difendere gli interessi di pochi, mascherati da leggi obiettivo od opere di interesse strategico nazionale, stanno minacciando gli interessi di tutti. Stanno minando seriamente la salute dei nostri figli e stanno rubando il loro futuro. Il loro futuro, il solo che hanno e che è nelle nostre mani.
Diciamogli di smettere!
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