La colpa è dei cittadini o degli amministratori?
La difesa dell’ambiente non interessa ai calabresi ed in Calabria non esiste questa cultura! Ad ogni iniziativa pubblica, quando capita di ascoltare una certa classe politica dirigente, compiacente e trasversale, interpellata su questioni ambientali, alla fine di una serie di sproloqui sulle malefatte della coalizione avversa, ecco la solita giustificazione: la colpa è dei cittadini! È così quando si parla di rifiuti, di discariche abusive, di fognature e depurazione, di acqua! Sono sempre loro che non vogliono pagare le tasse, sono sempre loro che non denunciano abusi e reati, sono sempre loro a insozzare le città con i loro comportamenti selvaggi. E poi, se veramente non approvassero le scelte fatte da questa classe dirigente, perché continuerebbero a votarla e farla eleggere? Che bella immagine della Calabria e dei calabresi, incivili e indolenti, fatta da chi dovrebbe esserne rappresentante e, in qualche modo, responsabile!
Ma se realmente così fosse, per quale assurda ragione dovremmo sprecare tutto questo tempo nel cercare di difendere quello che, alle altre persone, non interessa minimamente, ossia salute e ambiente? La risposta sta nel fatto che non condividiamo questo stereotipo del calabrese rozzo e strafottente, e siamo certi che queste siano solo facili esemplificazioni per mascherare ben altre magagne.
Con quale faccia tosta riescono a dire tutto ciò senza parlare mai della presenza diffusa ed asfissiante della ‘ndrangheta e del malaffare, a cui vanno sicuramente addebitate le peggiori porcherie sepolte o sversate nei nostri territori? Credete che i commercianti, i ristoratori, gli artigiani che non denunciano il pizzo, lo fanno perché è un “fatto culturale” o perché hanno paura di dire “no”?
Questa classe dirigente non ha alcuna intenzione non solo di risolvere questi problemi, ma semplicemente di affrontarli, perché ciò significherebbe crearsi inimicizie, che tradotto in soldoni vuol dire perdere voti. E non si farebbe nemico il semplice cittadino – che se adeguatamente sensibilizzato il suo lo fa, basti vedere le incredibili percentuali di raccolta differenziata registrate in alcuni piccoli comuni calabresi – ma chi controlla e gestisce attività produttive, chi ha proprietà immobiliari, chi pratica clientele, chi insomma gestisce pacchetti di voti.
E allora basta con questa storiella del voto! Faremo anche rabbrividire i benpensanti ma non abbiamo remore nel dire che, in questo dannato Sud, la libertà di voto è una chimera! Il voto non è un esercizio del libero arbitrio, una scelta ideale o di coerenza, ma è dettato dalla necessità di dare risposte urgenti a problemi come lavoro, casa, figli… Il paradigma voto–favore, quello che spinge a votare chi ti promette garanzie per un futuro migliore, è lo strumento con il quale si regge l’oligarchia politica, che tiene stretto al guinzaglio il cittadino e che fa sì che non si possa concretizzare il rischio di un reale cambiamento.
E allora, cosa fare? A questa domanda non possiamo dare una risposta, ma siamo convinti però che, per creare le condizioni dell’auspicata svolta, bisogna partire dall’esempio dato da quelle popolazioni che si sono ribellate per difendere la loro terra. Perché quando le popolazioni si riappropriano dei loro territori, ridiventano comunità, ritessono legami sociali ormai cancellati dalla società moderna, riacquistano dignità attraverso l’autorganizzazione e l’autodeterminazione delle loro vite, diventano capaci di realizzare forme di democrazia diretta, di sviluppare una critica consapevole del modello di sviluppo: sono quelle comunità che, passo dopo passo, stanno costruendo un’alternativa radicale!
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