Si avvicina il 2 febbraio...
La requisitoria esposta dal Pm Domenico Fiordalisi non apporta nessun elemento di novità. In aula, sostanzialmente, la solita minestra. Le intercettazioni ammesse dalla Corte, che rigetta la richiesta di inammissibilità avanzata dalla difesa, evidenziano solo ed esclusivamente delle ipotesi di reato, più che conclamare delle prove certe. Eppure un magistrato, che opera in nome della giustizia, dovrebbe produrre in sede processuale delle prove concrete più che delle congetture ovvero una procura, dovrebbe essere più accorta prima di accettare nella sua sede, dibattimenti basati su elementi del genere. E tutto questo, stante l'alto rispetto per gli organi giudicanti.
Ancora una volta il Pm fa riferimenti a questioni di attualità come <<... come quando numerosi dimostranti hanno recentemente attaccato le caserme della Polizia a Roma...>>, citando il Presidente della Repubblica Italiana, forse per darsi un tono che non ha mai avuto. Ma non si ferma qui: << Lo Stato, applicando la Legge difende, anche:
- i diritti dei cittadini a riunirsi ed a manifestare pacificamente;
- i diritti del movimento contro la globalizzazione, come di tutte le formazioni sociali, ad esprimere le proprie idee, anche con modalità forti, insolite e vivaci.
Proprio nel "movimento dei movimenti" confluiscono le realtà più disparate; tutte devono essere rispettate e tutelate.>>
E' un passaggio che rispediamo "ai mittenti", la suddivisione tra buoni e cattivi, per noi, non esiste. I 25 di Genova e i 13 di Cosenza non saranno i capri espiatori di tutto quel movimento che è arrivato compatto sino ai giorni degli arresti, al Social Forum di Firenze, e che oggi si è sciolto confluendo ed articolando le numerose lotte sociali sparse nel nostro paese.
Questo processo, costruito "sapientemente" dagli addetti ai lavori è sempre stato presentato all'opinione pubblica come una brillante operazione messa in atto da parte dello Stato, per fermare una pericolosa associazione capace di sovvertire violentemente le regole internazionali. Per cui, il quadro prospettato dai più, lasciava presagire pene molto più severe, che i 50 anni prospettati dal Fiordalisi, specie se consideriamo quelle che sono state le proposte di condanna per i 25 di Genova. L'impianto accusatorio, quindi ne esce indebolito, per come presentato in sede dibattimentale. Escludendo tatticismi giuridici di alto livello, ecco la prova che al suo impianto, non ci ha mai creduto neanche egli stesso.
Abbiamo sempre nutrito dei forti dubbi rispetto alla professionalità, tanto acclamata e messa in campo dagli organi preposti. Nell'inchiesta Fiordalisi, la ricostruzione del teorema, su un piano simbolico ci spossessa del nostro agire, come infilati tra un "frame" e l'altro da registi occulti. Nelle carte del dottor Fiordalisi, obiettivamente, fatichiamo a ritrovare elementi di realtà storico - politica, men che meno che di natura giuridica. I due anni di intercettazioni operati a danno degli imputati, pagati con i soldi della collettività, non hanno mai evidenziato strani comportamenti da parte degli imputati stessi. Invero, si pensa ad una cellula sovversiva, quando i componenti della stessa si riuniscono in posti segreti e lontano dagli occhi di tutti; quando, ai suoi componenti vengono ritrovate armi da fuoco, ed ancora, tutto ciò che l'immaginario collettivo pensa quale strumento atto a concretizzare le pericolose azioni volte a sovvertire violentemente l'ordine economico dello Stato. Nulla di tutto ciò. Addirittura alcune intercettazioni, messe agli atti come prove inconfutabili, come nel caso del compagno tarantino che intercettato al telefono proponeva <<una sparata a Genova>>, suscita quantomeno dell'ilarità. Se l'intento del compagno pugliese era "inequivocabilmente" quello di recarsi a Genova con delle armi da fuoco, come mai non c'è stata prevenzione da parte degli organi di polizia giudiziaria, tallonando per tutta la durata delle giornate del G8 l'imputato?
L'altro aspetto negativo riguarda sicuramente la procura cosentina. Alla stessa respingiamo le sue accuse perché viviamo in una terra dove le emergenze sono ben altre: corruzione e malaffare nella gestione dei soldi pubblici; una città disegnata da parte della Direzione Distrettuale Nazionale Antimafia come caveau della malavita organizzata; la totale assenza di verità giudiziarie sull'ultima guerra di mafia combattuta dopo il 2000 per la gestione degli appalti sull'edilizia; le numerose inchieste e l'impunità di cui hanno goduto poliziotti e carabinieri (rimasti ancora in servizio) per reati contro il patrimonio e presunti rapporti con le cosche. Questo e molto altro succede dalle nostre parti.
E' in questo contesto che la procura di Cosenza, preferisce indirizzare le sue attività verso chi produce delle lotte sociali, invece che fermare chi attenta quotidianamente ai nostri diritti; impegnando, inutilmente, una intera Corte d'Assise per ben sei anni.
A questo punto, le pene, ci risultano pesantissime non solo perché basate sul nulla, ma anche perché prevedono oltre 26 anni di libertà vigilata per sospetta pericolosità sociale. Una forma di restrizione della libertà che comporta provvedimenti come l'obbligo di dimora o di firma, il ritiro della patente e del passaporto, tutti provvedimenti adoperati dalle procure per indebolire e rendere difficile l'azione politica portata avanti dai movimenti sociali. A conti fatti, così come sulle nostre vite è cascato il più classico dei castelli accusatori - vecchio vizietto della giustizia italiana -anche noi nel corso del tempo abbiamo maturato una nostra interpretazione di tutta la vicenda. E cioè che tramite questa operazione si voglia colpire e criminalizzare qualunque azione che si svolga al di fuori dello stretto reticolato disegnato a suon di repressione, dai prepotenti del mondo e dai signorotti locali, che credono di poter gestire indisturbati i loro sporchi affari - utilizzandoci come pedine funzionali - indispensabili alla realizzazione dei loro disegni delinquenziali. E dunque con questo impianto accusatorio, anche un solo minuto di carcere, ci risulta inaccettabile!
Per questi motivi il corteo del 2 febbraio, a Cosenza, diventa tappa fondamentale per tutti coloro che non solo sono stanchi del contesto in cui viviamo, ma che hanno ancora voglia di far emergere la propria dignità rispetto a chi offende le nostre intelligenze con accuse inaccettabili, distrugge i nostri territori, rende precarie le nostre vite e reprime le nostre lotte!
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