Il topolino occupazionale partorito dal ponte
A smentire la favola-Matteoli dei 40.000 posti di lavoro non sono più coloro che, studiando le carte, dividevano quasi per 10 quella previsione propagandistica, infondata e tendenziosa. Sono i progettisti di Eurolink, che parlano di meno di 4.500 lavoratori impiegati nella costruzione del ponte e nella realizzazione delle opere a terra.Con dovizia di particolari, il comunicato ci spiega quanti tubisti, saldatori, edili, ecc. ecc. ci vorranno per l’eventuale costruzione del ponte. Ma tace su altri aspetti, che sintetizziamo qui sotto.
- Non si tratterà integralmente di manodopera locale. Applicando informazioni e proporzioni del progetto preliminare, i lavoratori provenienti dall’area dello Stretto saranno circa 2.000 per Messina e 1.350 per Reggio Calabria. Si pensi, peraltro, che dei 125 lavoratori nelle trivellazioni a Messina, solo 5 erano locali.
- La cifra di 4.500 lavoratori (con ogni probabilità) non riguarda l’occupazione media, ma i lavoratori impiegati in ciò che il progetto definitivo indica come “periodi di punta”: 10-12 mesi su 78. Un po’ approssimativamente, si può stimare che l’occupazione media nei sei anni e mezzo di lavori previsti supererà a stento le 3.000 unità (quanti locali?).
- Questo impatto occupazionale è definito dallo stesso progetto preliminare “non particolarmente elevato in proporzione all’imponenza dei lavori”. Il che vuol dire: con lo stesso investimento, in genere, si ottiene una ricaduta occupazionale molto, ma molto maggiore.
- A regime, si prevede la perdita di 1.100 posti di lavoro nel settore del traghettamento (fonte: Advisor del Governo, 2001), mentre l’occupazione stabile creata dal ponte non supererà le 220 unità (fonte: documenti di Stretto di Messina SpA).
Il saldo occupazionale del ponte è, a regime, negativo. La ricaduta lavorativa della fase di costruzione è minima rispetto all’investimento. La metà delle risorse del ponte creerebbero molta più occupazione, rispondendo a necessità vitali del territorio. Si pensi solo a quanti posti di lavoro si genererebbero con un serio piano di difesa del territorio e di messa in sicurezza sismica degli edifici più vecchi, o nel potenziamento del trasporto pubblico e nel rafforzamento infrastrutturale dell’area dello Stretto di Messina.
Centro Studi per l’Area dello Stretto di Messina “Fortunata Pellizzeri” e Rete No Ponte
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